domenica 3 ottobre 2010

Efesto detto Vulcano (il guardone pistoiese) 68 puntata.

Efesto non crede ai suoi occhi, mentre osserva la scena da dietro il vetro della ex serra Vannucchi. Non Vannucci. Vannucchi. Non facciamo subito confusione, che la situazione è complicata.

Efesto, dicevamo, il vecchio fabbro delle Caserane (dove sono le Caserane? Una frazione di in quel di Pistoia sul confine con Casale di Prato, lungo l'Ombrone, ma andiamo avanti con la trama) detto Vulcano dagli amici,  per il suo caratteraccio di merda  (sta sempre incazzato) si giustifica lui, per la sua tendenza a "eruttare" con una certa frequenza durante la giornata, comunque sempre prima del tempo, a detta dei maligni, era seduto sulla poltroncina di simil pelle della sua Prinz gialla con le scritte rosse e ble* in una stradaccia di campagna in mezzo alle serre pistoiesi, pattugliando come un pescecane le stradine mezze buie e mezze sterrate con fogne scoperte e zanzare con le targhe omologate, alla ricerca di coppiette da sbirciare, quando ha visto come una luce accendersi nella vecchia serra abbandonata dell'ex Vannucchi. 
Rifugio solito di puttane e drogati e umanità varia, gente sostanzialmente allo sbando,  pieno di materassi e motorette rubate, a volte anche qualche siringa, che fa molto anni Ottanta. Poi celtiche scritte sgrammaticate e svastiche storte (che ironicamente significano vita invece di morte, ovvero la negazione del simbolo che si vuol rappresentare) e Viva Stalin per la par condicio dell'idiozia. C'era scritto pure sul Tirreno di Pistoia, l'altro giorno del degrado,  con tanto di proteste dei vicini.  Lo ha letto al bar della Marisa.

E dopo il bagliore Efesto - o Vulcano se preferite - ha udito le grida disumane. Immaginando qualcosa di avvincente tipo un trenino o una bella ammucchiata come ai vecchi tempi,  è sceso dalla macchina più venduta a Pistoia e furtivo e lesto come un faina  zoppa (si perchè  è zoppo per una deformazione dalla nascita) ha preso binocolo, infilandosi un passamontagna sudicio, che usa per andare e cercare funghi all'Acquerino  (località di turismo domenicale di pensionati arzilli e cercatori di funghi al crocevia tra la montagna pistoiese e quella pratese) come ha detto alla moglie che gliel'ha trovata in macchina, e du' strappi di scottex nelle tasche, che fanno sempre comodo. 



Visualizzando nella sua mente tette enormi e culi sfondati, cinghie, borchie e stiaffi in qua e là, donne con le mascherine per non farsi riconoscere e avvocati e professionisti incapucciati,  tipo Eyes Wide Shut, insomma gente di un certo livello, tipo geometri del comune  per capirsi, sente crescere nella patta dei pantaloni una straordinaria erezione forse addirittuta di dieci centimetri che quasi rischia grosso di eruttarsi tra le mutande, così pensa intensamente alla Ida (sì giusto Ida è il nome della moglie oramai da trentaquattro anni), in camicia da notte che parla a bocca piena coi bigodini in testa. 

Bella fica lui che è pure zoppo e torto dalla nascita, abbandonato dai genitori e cresciuto dalle suore a suon di sberle e labbrate con l'anello rigirato. Si okay hai avuto una infanzia difficile e la natura non ti è stata d'aiuto ma non è per questo che devi fare il maniaco sessuale e odiare le donne.

Ma bando alle ciance e ai moralismi adesso è lì che combatte con la sua prostata e il binocolo in mano che non serve più che si vede tutto quello che c'è da vedere a occhio nudo.

"Oddio o icchè succede qua dio bonino... ma che... no non è possibile o u n'avrò mica bevuto troppo... sarà stato il poncettino caldo della Marisa. Unnè possibile icchè sto vedendo. Eppure ummi sembra di dormire. "

Quello che vede quel meschino guardone ipodotato è difficile da riportare così come è impossibile descrivere lo sguardo del Toccafondi che a bocca spalancata e occhi sgranati  assiste alla trasformazione della maila Giuditta, in una donna di straordinarie e sconvolgente bellezza, da togliere il fiato, il respiro, la ragione e i sentimenti in qualcosa di straordinaria e impotente ammirazione di tanta magnificienza divina.

Perchè la donna è completamente nuda davanti a lui che sorride.  Con un mela in bocca. 
Ma nuda nuda eh! Senza nemmen le mutande per capirsi, nuda come una statua di marmo così bella che la sua selvaggia uccisione di Faccia d'Angelo è già stata dimenticata.

Crack!

- Cosa è stato?


Efesto si rende conto del disastro che ha appena combinato  pestando quel ramaccio secco e se fosse una persona normale rinfilerebbe il suo attrezzo tra le mutande e scapperebbe a gambe levate (oddio scusate la gaffe) sgommando con la macchina allontanandosi nell'oscurità. Ma qui parliamo di un coglione di primordine che odia il mondo e le donne e quando la divina esce fuori e lo vede che si masturba, quel deficiente non riesce a far di meglio che esplodere il suo lurido seme meschino mirandole la fica ma colpendola alla coscia,  colando verso il ginocchio.

Il Toccafondi si mette una mano agli occhi per non vedere... mentre Efesto inizia a chiedere pietà, immaginando i titoli sulle pagine  unte e intrise di fumo del Tirreno di Pistoia, sopra i tavolacci  del bar Marisa  e i commenti degli amici  tra un campari e un tressette. 
Pensa alla Ida e alle sue sorelle che non lo hanno mai potuto patire e non è una bella immagine con cui morire.

  * in omaggio alla canzone Piro dei Piattons



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