venerdì 7 maggio 2010

Il diabolico piano dell' impeccabile Cecco Toccafondi. (33 puntata)

- Ma che sei sicuro di quello che stai facendo?

Chiede Frank Jandello a Cecco Toccafondi, mentre questi dopo aver discernito sulla superiorità del gusto del mandarino rispetto a quello clementino, come metafora dell'epoca che stiamo attraversando, che preferisce il secondo al primo per l'unico motivo di non aver il fastidio di dover sputare i semi, perdendosi così la poesia della dolcezza che si miscela all'asprigno, tenta per qualche oscura ragione di perforare il muro di casa con un trapano elettrico, in piedi su una pila di libri tra cui Kant, Kafka (tanto per citarne alcuni) e frivolezze simili.

- Certo che ne sono sicuro mi hai forse preso per un mentecat...

Ma non fa a tempo a terminare la frase che viene travolto dal getto dell'acqua dal tubo che ha centrato in pieno; perdendo l'equilibrio cade all'indietro rimanendo incastrato come una pedina del tetris nell'intercapedine naturale creatasi tra l'ammasso di sedie, libri tavolo.
A culo ritto.
Inizia a gridare come un ossesso, muovendosi come una tartaruga rovesciata mentre Jandello sacramenta per il terrore che l'acqua che esce a fiotti e riempie in un attimo la stanza, possa in qualche modo rovinare le preziosissime scarpe pitonate da millecinquecento euro cadauna, grazie alle quali, sostiene, ha implementato l'attività sessuale di un buon 15%. Ovvero cento euro per punto di percentuale.
Dopo quelle buttate via dopo la solenne pisciata di Omero sarebbe il colmo.


- Dove cazzo hai il rubinetto generale, sindacalista dei miei coglioni?!

Chiede Jandello, mentre il Toccafondi risponde da parte sua

- So una sega io, levami di qui da questo fottutissimo pertugio!
- Pertugio?
- Si mi piace come parola ma che cazzo ne vuoi sapere te illetterato italo-americano che se non c'ero io a salvarti il culo eri ancora a marcire nel carcere di Miami, a fare a rinculino tra narcotrafficanti colombiani e mafiosi italo americani...

Ma lo Jandello non lo ascolta e togliendosi le prestigiose calzature arricciando i pantaloni di Armani, a mo' zuava tirolese fino alle ginocchia, riesce a chiudere il fottutissimo rubinetto centrale posto sotto lo sconvolgente ecosistema di casa Toccafondi chiamato acquaio.
Dopo aver salvato scarpe e appartamento riesce ad estrarre il maldestro compagno di malaffari il quale corre verso il bagno dove prende un asciugacapelli per tentare di asciugare le pagine dei libri rimasti coinvolti nell'allagamento.

- Ma sei imbecille! Accendi un phon coi piedi nell'acqua... ma che ti dice il cervello!!!
- Tanto c'è il salvavita!
- Salvavita una sega dai qua!

Il Toccafondi si fa silenzioso. Guarda con tristezza Saramago galleggiare accanto al Deuteronomio e poi sentenzia.

- Stiamo perdendo tempo... dobbiamo stringere. In città non si parla di altro e tu non sei ancora riuscito a concludere con Berta. La Nuova Europa SEL si sta facendo sotto e tutto rischia di sfuggire di mano. Ma io ho un piano: la presa a tenaglia... devi tirare il rigore a porta vuota con Berta, farti amico il figlio e dobbiamo stringere un accordo con Nanà.
- Stai scherzando?
- No dobbiamo farlo, poi li fottiamo prima e dopo, ma nel mezzo dobbiamo allearci.
- Che intendi dire con "prima" e "dopo"...
- Che devi sedurre anche Nanà.

- Piuttosto mi faccio prete...
- Non dire cazzate.
- Piuttosto... al Tempestini chi ci pensa? I suoi articoli continuano a non aiutarci. Dobbiamo metterlo a tacere.
- Te fai quello che ti ho detto. Al resto penso io. E' tutto qua dentro.

- E' proprio questo che mi spaventa.








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